“Racconti disprassici”: un libro per tutti gli “strani” di questo mondo

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Qualche giorno fa mi è arrivato il nuovissimo libro di Pierluigi Cuccitto (che molti lettori di questo blog conoscono come l’autore del blog tolkieniano Migrantes of Middle-earth) – “Racconti disprassici”.

Che cos’è la disprassia? Apriamo la Wikipedia:

“La disprassia (dal greco πράσσω = “fare”, quindi dis-prassia = “incapacità di fare qualcosa.”) può essere definita come l’incapacità o la ridotta capacità di pianificare ed organizzare delle azioni intenzionali, finalizzate al raggiungimento di uno scopo specifico; un deficit dei movimenti volontari caratterizzato dall’assenza di altri deficit cognitivi e sensoriali evidenti.”

E il libro di Pierluigi racconta che cosa vuol dire essere disprassico. Come si vive quando le azioni più semplici diventano un ostacolo insuperabile?

È un racconto do forte sapore autobiografico e colpisce con la sua cruda sincerità, l’onestà e la franchezza. L’autore non parla solo dei problemi di imparare ad allacciare le scarpe o andare in bicicletta. Racconta prima di tutto dei sentimenti: dell’impossibilità di sentire il proprio corpo o di parlare con una ragazza che piace, dei suoni che possono diventare una tortura, del bullismo e prese in giro. Degli “amici-non amici” – che ti tengono la compagnia non per la propria scelta, ma perché sono figli degli amici di famiglia, studiano nella stessa classe o vivono nella casa accanto.

Ma il libro parla anche di tanti momenti felici: Racconta della madre che per anni ed anni continua a bussare tutte le porte, senza mai arrendersi, per trovare la risposta – che cos’è che non va con il suo figlio. Racconta degli amici, quelli veri, trovati lì dove forse meno aspettava – in una generazione diversa. Racconta dell’esperienza da scout, della natura e dei libri, di come trovare un proprio ritmo di vita – più lento rispetto al mondo attorno, ma quello che è adatto per te. La disprassia non si può guarire, ma si può imparare a vivere con “Lei” (così l’autore quasi sempre si riferisce a questo disturbo). Se il primo  racconta di una festa di compleanno piuttosto triste, nell’ultimo, “Paziente zero”, vediamo il protagonista parlare di fronte al pubblico della malattia ancora poco conosciuta e incomprensibile per molti.

A prima vista può sembrare che “racconti disprassici” sia un libro per pochi – per chi, come l’autore, conosce la disprassia dall’esperienza diretta. Si potrebbe pensare così se il libro non si aprisse con una dedica: ” A tutti gli ‘strani’ di questo mondo”. Se vi è capitato almeno una volta sentirsi strano o inadeguato, il libro parla anche di voi.

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